Sofia Coppola

Sofia Coppola, 32 anni, figlia d’arte e regista di talento, è arrivata a Roma per presentare il suo secondo lungometraggio, dopo il Giardino delle vergini suicide.

Lost in translation- L'amore tradotto è un film a basso costo che ha già ottenuto 4 nomination per i premi dei film indipendenti ed è in corsa per le candidature all'Oscar di Hollywood.

I protagonisti sono Bill Murray e Scarlett Johansson. La storia: due americani si incontrano in un grande albergo di Tokyo. Lei è con il marito fotografo, tutto preso dalla sua attività, lui è un attore di mezza età "sposato da 25 secoli", come dice.

Due persone in crisi che, frequentandosi durante il breve soggiorno in Giappone, scoprono che la loro vita può tornare ad avere un senso. Si fanno compagnia, sono attratti l'uno dall'altra, tra loro nasce qualcosa che è più di un’amicizia.

Sofia Coppola ha parlato del significato di questo incontro così speciale…
Questo film parla proprio dell’incontro, della comunicazione tra questi due personaggi, perché la cosa più bella, i momenti più belli della nostra vita sono quelli in cui scopriamo, ci rendiamo conto di essere in contatto con altre persone, attraverso la musica o tante altre cose; per me sono questi i momenti fondamentali ed è questo quello che volevo mostrare nel film.

Il film è girato in gran parte dentro un albergo-grattacielo con vista mozzafiato su Tokyo. D'altronde, il Giappone è una grande passione della regista…
In Giappone c’ero stata anche da bambina, con i miei genitori, ma i primi ricordi da adulta sono di quando ci sono andata dopo il college, con una borsa di studio per finanziare una sfilata di moda. Durante quel viaggio, ho incontrato molti fotografi, il proprietario di un giornale che è diventato mio amico: tante persone stimolanti... Questo mi ha fatto venire voglia di tornarci! E così ho fatto negli anni successivi e ogni volta pensavo di volerci fare un film perché Tokio visivamente è una città molto interessante.

Perché ha scelto Bill Murray?
Ho visto parecchi suoi film, uno dei primi che mi hanno colpito è stato Ricomincio da capo ma anche Rushmore, dove esce fuori il lato più tenero più romantico di Bill Murray. Ho subito pensato che sarebbe stato perfetto per il film che volevo fare.

Nella scena finale, i due protagonisti si sussurrano qualcosa all’orecchio, ma il pubblico non saprà mai cosa si sono detti. Perché questa scelta?
La scena finale l’ho voluta lasciare così: è una storia molto intima e ho preferito che rimanesse tale. Io so nella mia testa cosa si sono detti all’orecchio, ma non lo faccio sentire al pubblico. Perché per me la cosa importante è che entrambi si sono resi conto di questa esperienza speciale che hanno vissuto. Che forse resterà per sempre con loro per tutta la loro vita.